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Natale nell'antica Roma

 Paul Rubens Romolo e Remo

Paul Rubens Romolo e Remo

Un cinepanettone rimarrebbe tale se ambientato sotto il caldo sole primaverile, con le rondini che tornano a cinguettare, volando sui rami di quegli alberi finalmente verdi? Probabilmente, per gli antichi romani sì.

Essi infatti (senza volare a Rio come De Sica), trascorrevano la festività coperti da cieli senza nuvole, poco prima che gli ulivi fiorissero: un quadro che forse per noi fautori del cambiamento climatico non sarà nemmeno così distante tra qualche decennio, ma che senz’altro contrasta con l’idea hollywoodiana che ogni dicembre fa ritorno nelle sale e sui teleschermi.

Il Natalis Urbis (“della città”, e quindi di Roma, città per antonomasia), definito ancora prima come Roma condita nei calendari precedenti alla riforma di Cesare, su cui si baserà poi il nostro calendario gregoriano, ricorreva il 21 aprile di ogni anno, giorno in cui, secondo una lunga tradizione, fu fondata Roma. Immensi dibattiti si aprono non solo sul mito della fondazione, di cui gli storici individuano oltre 30 varianti, ma persino sullo stesso anno di fondazione: tra tutte1 si predilige la data fornitaci dall’erudito Marco Terenzio Varrone2 in età augustea, il 753 a.C.

Che Roma sia stata fondata in aprile non è un fatto casuale, se consideriamo il nome latino del mese, aprilis, da aperire, “schiudersi, germinare”, che rimanda chiaramente alla nascita e, per questo, al Natale. Aprile era anche il mese sacro a Venus, la dea Venere (Afrodite per i Greci), che si dà il caso fosse proprio la madre di Enea, antenato del fondatore di Roma, Romolo, nonché protagonista dell’Eneide, il poema che Publio Virgilio Marone compone alla fine del I secolo a.C. per raccontare le vicende che hanno portato l’eroe ad insediarsi nel Lazio. Ma purtroppo la storia antica, a causa delle fonti assenti o persino discordanti tra loro, è avvolta sempre dal mistero: per tale motivo anche sulla storicità della figura di Enea e dei gemelli Romolo e Remo, suoi discendenti, sorgono diversi dubbi, di cui l’approfondimento verrà risparmiato al lettore4.

Ma passiamo ai fatti: Come si festeggiava il Natale a Roma?

Si dà il caso che il compleanno della città si congiungesse con degli antichi rituali, precedenti alla stessa fondazione dell’Urbe, che prendono il nome di Parilia5.

Attenendoci sempre alla testimonianza di Marco Terenzio Varrone6, i Parilia sono dei riti sacri alla dea Pales, divinità legata alla vegetazione, alla maturazione delle colture e al periodo della mietitura (come altre divinità7).

I festeggiamenti erano ben distanti dal baciarsi sotto il vischio, come viene dettagliatamente descritto da Ovidio8: il compito spettava ai pastori che, in uno scenario poco cruento rispetto alle tombole coi parenti, offrivano sacrifici in onore di Pales al fine di favorire il parto del bestiame. Insomma, desiderio immancabile nella letterina di qualsiasi bambino.

Ma dal rito non erano escluse le Vestali, sacerdotesse consacrate alla dea Vesta (di cui la stessa Rea Silvia, madre di Romolo, avrebbe fatto parte), che in questa occasione effettuavano una purificazione per mezzo di fuoco e fumo, bruciando steli di fave e il sangue coagulato di un cavallo precedentemente sacrificato, poiché in questa giornata non potevano essere uccise vittime sacrificali. Dopotutto, si dice “Bianco Natale” per un motivo.

Le ceneri venivano poi sparse come polvere di stelle nei campi coltivati, e un tono più amabile veniva dato dall’alloro con cui all’inizio dei Parilia i pastori solevano decorare gli ovili dopo averli puliti con l’acqua.

Ma il rito fondamentale era l’accensione dei falò. Organizzati su tre file, venivano saltati dai pastori che così completavano la cerimonia di purificazione, iniziata con l’acqua e terminata con il fuoco, un’opposizione senza cui la sopravvivenza non sarebbe possibile.

Tale procedimento è analogo9 alla lustratio a cui Romolo sottopose non solo se stesso, ma tutta la popolazione, prima della fondazione di Roma per l’espiazione delle proprie colpe.

I Parilia sono perciò le feste antecedenti al nostro Natale, ma non ne sono gli antenati: tale ruolo spetterà infatti alla festività di dicembre10 del Sol Invictus, correlata alla ricorrenza dei Saturnalia così come il Natalis Urbis ai Parilia.

Tale festività sarà ufficiale a partire dal 274 per mano dell’imperatore Aureliano, e in non molto tempo verrà unificata al Cristianesimo, come ci racconta un autore cristiano del II secolo originario di Cartagine, Tertulliano.

Lo “spirito natalizio” ha perciò attraversato ogni epoca, talvolta compiendo riti sacrificali, altre volando su una slitta trainata da renne per poi scendere i camini e arrivare sotto i nostri colorati pini luminosi. E quando scarteremo i regali, sarà inevitabile il pensiero di chi, negli aprili di secoli e secoli fa, festeggiava la nascita di una Città eterna.

Giada Atzeni

1 Eratostene, Ennio, Fabio Pittore, Timeo tra gli altri: si veda un elenco in Dionigi di Alicarnasso, I, 74

2 Marco Terenzio Varrone, De lingua latina VI, 15

4 Si vedano Ellanico e Damaste, Dionigi di Alicarnasso

5 Ce ne parlano Cicerone, Properzio, Persio, Velleio Patercolo, Columella, Plinio tra gli altri

6 Marco Terenzio Varrone, De agri coltura

7 Vedi, ad esempio, Giunone Caprotina

8 Publio Ovidio Nasone, Fasti, IV

9 Dionigi di Alicarnasso, Antichità Romane, I, 88; Properzio e Tibullo

10 L’imperatore Domiziano (51 – 96) la fa cadere tra 17 e 23 dicembre

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L'humour, les mots j'en fais mon affaire...La langue de bois, je ne connais pas. Fatiguée d'être censurée, j'ai décidé de faire profiter, à ceux d'entre vous qui n'ont pas peur des mots, à ceux qui sont capables d'aller au-delà d'un paragraphe de lecture, de mes pensées, de mes élucubrations.
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