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Annibale, il padre della strategia

Annibale, il padre della strategia

Un ricordo sfocato dei banchi di scuola, lui e i suoi elefanti che attraversano le Alpi: Annibale, uno dei grandi protagonisti della storia romana. Eppure, non era romano.
Nato a Cartagine intorno alla metà del III secolo a.C., all'età di soli nove anni giura morte a Roma, su influenza del padre, Asdrubale, che aveva combattuto la prima guerra punica perdendo i domini in Sicilia.
In quei secoli il mondo antico era reduce di un altro di quei grandi condottieri il cui nome probabilmente riecheggia grazie agli studi scolastici: Alessandro Magno.
Alessandro Magno, poco più di un secolo prima, aveva costruito un vero e proprio Impero conquistando la Persia, nemico imbattibile dei Greci. Alla sua morte, numerosi erano gli uomini e gli Stati che ambivano a fare lo stesso, e tra questi non poteva di certo mancare Annibale.
Come Alessandro, macedone, anche Annibale era stato cresciuto da un greco. Non era di certo equiparabile al maestro Aristotele, ma è innegabile l'influenza che la cultura greca ebbe su Annibale, persino nelle sue stesse ambizioni, grazie al precettore Sosilo di Sparta.

Anche sul piano militare l’influenza del mondo greco (più precisamente di Alessandro) non tarda ad esprimersi, come dimostra l’innovazione attuata alla falange cartaginese, su cui non è il caso di dilungarsi. Qualsiasi generale sarebbe stato in grado di adottare la tattica alessandrina, ma solo un genio militare come Annibale fu in grado di fondere l’abilità orientale con le diverse doti e necessità dei suoi soldati, spesso provenienti dall’attuale Spagna, dall’Italia settentrionale ma anche dalla stessa Africa mediterranea.

Parlando di soldati, non possiamo tralasciare la componente più celebre dell’esercito cartaginese, vale a dire gli elefanti. Con gli elefanti Annibale, allo scoppio della seconda guerra punica, attraversò le Alpi Occidentali, cogliendo di sorpresa i Romani. Ma non era la prima volta che questi ultimi si trovavano faccia a faccia con delle bestie simili: pochi decenni prima, in Magna Grecia, ebbero a che fare con gli elefanti di Pirro, creature mai viste prima, ricordate dalle fonti con il nome di “buoi lucani”.

Per quanto importante, non è questo l’episodio determinante le sorti dei due eserciti. Bisognerà aspettare il 2 agosto del 216 a.C., due anni dopo, per quella che viene definita la sconfitta che fece vincere Roma.

Annibale ha già attraversato l’Italia, ha già sconfitto i Romani in altre battaglie, quando finalmente arriva in quella che in latino chiamavano Apulia, ovvero l’attuale Puglia. Quello che avviene nei pressi del monte Canne è uno scontro studiato tutt’oggi, duemila anni dopo, come esempio di tattica militare. Evitando di scendere in dettagli troppo tecnici, ci basti sapere che l’esercito Cartaginese ottenne la vittoria nonostante la sua inferiorità numerica.

Il culmine di quel genio strategico proprio di Annibale, ma anche una strage senza precedenti: oltre 45mila vittime, un numero che purtroppo oggi non pare straordinario, ma che all’epoca non aveva eguali, specie se consideriamo le modalità di combattimento “poco tecnologiche” dei popoli antichi, basate su scontri corpo a corpo ben lontani dagli odierni bombardieri.

Ma un successo così clamoroso non poteva che essere seguito da un atroce declino. È un principio che regola tutti i grandi della Storia, come se questa non avesse più bisogno di loro, e a cui Annibale non poteva certamente sfuggire.

Se facciamo una rapida ricerca, notiamo subito che la seconda guerra punica non si concluse nel 216, ma ben 15 anni dopo: come scrisse un autore contemporaneo al conflitto, Ennio, non vi è nessuno che sia vincitore se il vinto non lo ammette.

E Roma non lo ammise mai, dimostrando una forte capacità di resilienza, che le permise di diventare il grande Impero che oggi ricordiamo.

Fu così che Annibale vide la sua ambizione crollare davanti a Scipione l’Africano, un altro nome che senz’altro occupa un posto nei vecchi libri del liceo. L’Africano, giovane come lo era stato Annibale, sconfigge l’esercito Cartaginese a Zama.

Nonostante la sconfitta, sono innumerevoli le conseguenze che l’esperienza annibalica causò a Roma, che dalla battaglia di Canne in poi assume un atteggiamento sempre più imperialista, allargando i suoi confini e punendo quegli alleati che in precedenza avevano osato tradirla.

Qualche anno dopo Annibale abbandonerà la sua cara patria per fuggire in Siria, mentre Roma smorzerà sempre di più il lume che un tempo accendeva le sue speranze imperialistiche. Speranze non del tutto vane, poiché Annibale è effettivamente padre di un Impero: quello di Roma.

Giada Atzeni

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Words and Dreams

L'humour, les mots j'en fais mon affaire...La langue de bois, je ne connais pas. Fatiguée d'être censurée, j'ai décidé de faire profiter, à ceux d'entre vous qui n'ont pas peur des mots, à ceux qui sont capables d'aller au-delà d'un paragraphe de lecture, de mes pensées, de mes élucubrations.
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