26 Luglio 2022
Guardo fuori.
Che tempo di merda. Che giornata di merda.
Diluvia.
Mi siedo nel “confortevole” (tra ventisette virgolette) sedile dell'aereo. Non ho spazio per le mie gambe chilometriche. Le mie ginocchia fanno da fagiolo alla principessa seduta davanti a me. Passerò undici ore cosi... comunque, dopo essermi sistemata come potevo, giro la testa a sinistra per “ammirare” il paesaggio, anche quello tra ventisette virgolette perché c'è un tempo da cani.
Sul finestrino vedo le gocce d'acqua scivolare come un pettine tra capelli lisci. Cerco di guardare all'orizzonte ma piove così forte che le lacrime del cielo offuscano il paesaggio di secondo piano. Intravedo il giallo delle linee della pista d'atterraggio, il grigio del suolo, le luci rosse delle ali del mio destriero.
A destra: l'aeroporto. Alto, grigio chiaro e pieno di gente pronta ad andare in vacanza.
Davanti: autobus, taxi, macchine, lampadari, una passerella che porta ad un altro aereo, gente che cammina, che corre, lavoratori in uniforme, hostess, piloti, passeggeri.
In terzo piano si trova la natura. Quella di un'isola tropicale, direi quasi paradisiaca.
Montagne a perdita di vista una più verde dell'altra, cespugli, alberi di mango, di banane, di papaya, di frutto della passione, di litchi e molti altri. Tra tutti questi alberi eccezionali spiccano quattro palme da cocco che superano in altezza l'aeroporto. Il vento sconvolge le loro foglie che sembrano fuggire qualcosa. Affianco ad esse c'erano lavori. Una gru gigante fa da macchia a questo paesaggio idillico.
Guardo la pista più bagnata di prima e noto che la pioggia è addirittura orizzontale. C'è davvero molto vento, come ho detto: un tempo di merda.
Mi ricordo le mie vacanze: il vulcano, i piatti tipici, i sunset al mare sotto le palme, le cascate, i bacini naturali.
Le case tradizionali, gli odori, i mercatini.
Gli amici, la famiglia, gli animali del posto.
Mi ricordo la gente... non c'erano due persone simili. Tra creoli, indiani, francesi, cinesi, arabi, africani, malgasci e mia zia slovacca c'era un bel miscuglio. Questa è una cosa che mi manca adesso: la diversità.
Dove vivo sono tutti simili, se una persona è “diversa” la si guarda male, viene giudicata o messa da parte. Manca l'accettazione e la tolleranza. Ma non li biasimo. Avendo vissuto in un'isola così non faccio neanche caso quando parlo a un arabo, un cinese o altro. È ovvio che chi è cresciuto altrove, anche avendo una mente apertissima, senza volerlo farà differenza, dirà “che bello, hai visto? Attorno al tavolo siamo tutti di etnie diverse!” parte di un buon sentimento ma è una cosa che non avrei notato perché per noi è normalità.
Ripenso alle attività che ho fatto: parapendio, immersione subacquea, arrampicata, camminare su un filo, canyoning, slitta. Ho visitato l'acquario con gli squali, musei, fabbriche. Ripenso ai dolori muscolari dopo così tanto sport, al caldo nonostante fosse inverno.
Rivedo, in un giorno di pioggia, le onde di undici metri che si scaraventano sulle pareti rocciose della mia cara ospitante.
Ricordo una delle prime sere quando, dopo quattro anni, i miei piedi hanno toccato di nuovo la sabbia calda della mia spiaggia preferita. Lì ho visto il tramonto. Colori bellissimi. Sfumature di rosso, arancione e giallo levitavano sul blu del mare profondo.
Un rumore mi strappa dai miei ricordi. Il pilota accende i motori.
Guardo un'ultima volta il paesaggio della mia infanzia con tutte le sue bellezze e quella cavolo di gru. Una lacrima cola lentamente sulla mia guancia. Mi giro dall'altra parte per non farmi vedere dalla mia isola. Un uomo della fila affianco mi guarda stranamente come per dire: ”come! Non è felice di andare in vacanza e lasciare questo posto?” ma anche se sono di qui, ero in vacanza. Tutti vanno in un nuovo posto per trascorrerle, io torno a “casa”, a 9.000km da dove ero cresciuta. Sono tutti felici di partire, e io l'unica a voler rimanere.
Mi rigiro dalla parte del finestrino.
Almeno non sono l'unica a piangere, il cielo aveva percepito i miei sentimenti. Il pilota prende i comandi, schiaccia l'acceleratore e saluta l'isola un sorriso sulle labbra. Il vetro del finestrino diventa limpido, siamo sopra le nuvole. Prendo un'ultima foto della mia adorata e, chissà, magari alla prossima.
Léa Lauret (lettrice di 17 anni)
L'humour, les mots j'en fais mon affaire...La langue de bois, je ne connais pas. Fatiguée d'être censurée, j'ai décidé de faire profiter, à ceux d'entre vous qui n'ont pas peur des mots, à ceux qui sont capables d'aller au-delà d'un paragraphe de lecture, de mes pensées, de mes élucubrations.
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