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Il canto a Tenore

Il canto a Tenore

Potrei iniziare dicendo che ''il canto a tenore, che si è sviluppato nell’ambito della cultura pastorale della Sardegna, è una forma di canto polifonico eseguito da un gruppo di quattro uomini usando quattro diverse voci chiamate bassu, contra, boche e mesu boche. E’ caratterizzato dal timbro profondo e gutturale del bassu e delle controvoci ed è eseguito in piedi in circolo...''

Oppure parlarvi del gruppo di ricerca sul canto a Tenore che ha ideato una mostra multimediale TeDiMuS grazie al responsabile scientifico Ignazio Macchiarella e il gruppo di studio Omar Bandinu, Marco Lutzu, Roberto Milleddu, Luigi Oliva, Diego Pani, Sebastiano Pilosu, Alessandro Sanna...

Invece voglio farvi vivere dall'interno questo canto a tenore.

La mostra è avvicente, gli intervenenti interessanti, ma il clou è, e rimarrà, la partecipazione di tre gruppi di tenore, tre paesi sardi, tre borghi spesso conosciuti per altre specialità: Bitti, Orosei e Seneghe.

 

Entrano vestiti di nero, abiti velluto a coste, camicia bianca. In men che non si dica quatro uomini formano un cerchio e braccio appoggiato sulla spalla dell'altro o mano a ''cornetta'' attorno all'orecchio, iniziano subito a cantare. L'aula piena di gente e di rumori tace di colpo, sorpresa dal suono inaspettato.

Il solista canta la sua parte mentre le altre voci fanno un coro di accompagnamento. O meglio è quello che immaginiamo al nostro primo ascolto, potremmo anche pensare a una domanda del solista e risposta delle tre voci... La realtà è diversa! Se ascoltiamo meglio possiamo capirlo, ed entrare nello spirito del coro sardo.

Non c'è un solista, non c'è una figura messa in risalto e altri secondari. Già dalla postura che assumono possiamo capire che il canto è un ''lavoro'' di gruppo in cui ognuno ha la sua importanza primaria, in cui ognuno piazza la sua voce, canta la sua parte in funzione dell'altro, una vera interazione, una forma di solidarietà identica ad un autentico gruppo di amici. Qui, nessuno è protagonista, il gruppo prevale sull'individualità. quattro cantanti, quattro solisti, ecco la realtà.

Il suono inonda l'aula, il timbro gutturale ci tocca il cuore e fa risaltare le controvoci. La poesia del canto ci invade. Secoli di tradizione sono messi in scena. Ascoltiamo l'eredità di un popolo, la storia dei pastori ma anche dei nuraghi. ''Elle, ellae... bimbabe...bimbabara...'' i suoni gutturali si fanno più marcati, più profondi, gli occhi sono chiusi, i cantanti entrano in un altro mondo e... ci portano con loro. Ci parlano di poesia, d'amore, di morale, di religione di politica...

Incastonato nel profondo della cultura sarda, il canto a tenore rappresenta uno dei più antichi patrimoni immateriali della Sardegna. Dal cantare per stare insieme al palcoscenico, è un gran passo che ha portato il canto a tenore a essere riconosciuto dall'UNESCO, patrimonio immateriale dell'umanità. Da allora, il canto a tenore ha conosciuto la sua primavera. Ogni cantante, ormai consapevole di portare in alto i colori della loro tradizione millenaria, si è impegnato a curare più attentamente la sua parte, sentendosi responsabile di un'eredità orale, che in questo caso vuole condividere con i più giovani, ma anche con un pubblico più ampio.

Tre cori, tre suoni diversi.

Non è vero che i cori sardi si assomigliano tutti come potrebbero pensare i profani. Io ho avuto la chance di ascoltarli uno dopo l'altro e vi assicuro che ogni gruppo ha le sue particolarità, ogni suono è diverso. Ascoltandoli ho pensato allo strumento più antico del mediterraneo, le Launeddas. In effetti, l'impianto armonico del canto a tenore fa pensare all'impianto armonico delle Launeddas. Chi sa se lo strumento è stato concepito per imitare la voce umana?

Vi consiglio vivamente di visitare questa mostra che passerà per Sassari, Nuoro, Oristano durante il mese di settembre. Da non perdere!

Christine Lauret

 

**TeDiMuS progetto elaborato con la collaborazione del museo di Bitti gestito dalla cooperativa di Bitti.

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Words and Dreams

L'humour, les mots j'en fais mon affaire...La langue de bois, je ne connais pas. Fatiguée d'être censurée, j'ai décidé de faire profiter, à ceux d'entre vous qui n'ont pas peur des mots, à ceux qui sont capables d'aller au-delà d'un paragraphe de lecture, de mes pensées, de mes élucubrations.
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