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Film: è stata la mano di dio

Film: è stata la mano di dio

TRAMA:

È stata la mano di Dio, il film diretto da Paolo Sorrentino, è ambientato negli anni Ottanta a Napoli, città natale del regista, e racconta la storia di un giovane di nome Fabio, noto comeFabietto (Filippo Scotti), che vive nel capoluogo partenopeo. Il ragazzo avrà l'occasione di vivere uno dei sogni più grandi degli amanti del calcio, quando giunge nella sua città il goleador Diego Maradona, ma a questa grande gioia si accompagnerà una tragedia inaspettata, che sconvolgerà la sua vita.
Ma il destino gioca brutti scherzi e Fabietto avrà modo di imparare come, in questo caso, felicità e sconforto, gioia e tragedia siano intrecciate tra loro così tanto da determinare insieme il suo futuro...

 

Cio' che pensa Sergio Falchi regista:

Le mie aspettative per l’ultimo film di Paolo Sorrentino erano ambivalenti.

Si certo, Sorrentino. Ambivalenti?

Confesso di non essere un fan sfegatato della poetica sorrentiniana, restando legato all’idea che la narrazione debba sempre essere asse portante di un opera filmica. Ho sempre apprezzato la maestria e la grandezza della sua filmografia, tuttavia confesso che in alcuni casi la scelta del Maestro Partenopeo di propendere maggiormente verso la magniloquente esaltazione del visivo versus la narrazione, mi ha lasciato perplesso.

In questo caso, siamo di fronte ad un film diverso, probabilmente il lavoro più intimo del Regista premio Oscar, che sceglie qui di raccontarsi, narrando un'epoca, a cavallo tra fine anni 80 e primissimo anni 90, anzi, l’estate stessa del 1990. L'estate del Mondiale di Maradona si, ma soprattutto la stagione che ha cambiato per sempre la vita del giovane Fabio Schisa(Paolo Sorrentino stesso), sospeso tra il vorrei ma non posso, l’intima consapevolezza di vivere un passaggio di crescita, una coming on age, densa e drammatica come la vita sa essere.

La camera, con la fotografia di Daria D’antonio, prima donna insignita del David di Donatello come migliore autrice appunto della fotografia, è elegante, ricca di mood e a tratti poesia pura. Ma non è soverchiante, e questa scelta segna chiaramente una svolta da parte di Sorrentino, che decide di non elevare la sua Napoli a cartolina, ma la racconta mentre racconta una storia.

Anche in questo caso, siamo di fronte ad un film che pur non essendo corale, ci delinea e regala con tenerezza quasi inaspettata e uno sguardo amorevole, davvero intimo, un ritratto di un epoca. Ma questa “epoca” altro non è che la memoria del Regista stesso e quindi, dopo pochi minuti ci si ritrova pienamente ad “essere” Fabio Schisa.

Come sempre in Sorrentino, la realtà si interseca con il realistico semi fantastico Felliniano. Ma mentre in altre opere come “La Grande Bellezza”, il Felliniano, o se preferite il Sorrentiniano, a volte sovrasta e opera nel ricreare una sensazione a volte esterna al plot stesso, in questo caso l’equilibrio è davvero mirabile e di un livello quasi perfetto… Siamo di fronte ad un mosaico, fatto di diversi colori e toni, che si apprezza si, nella sensazione che lascia al di là della narrazione, ma soprattutto proprio perché ne crea la stessa.

Memorabile la presentazione e la condivisione senza filtri con il pubblico della famiglia nella giornata al mare. Straordinaria la figura della zia, la splendida Luisa Ranieri, che resta nella sua follia forse l’unica alla fine, a rimanere un punto di approdo per Fabio, unica matta la quale poter confessare ciò che solo un matto può voler fare…il regista.

Senza voler fare spoiler, importante citare alcune situazioni che avvengono a seguito di un evento improvviso e traumatico che segnerà l’estate del 1990 per la famiglia Schisa… Memorabile ancora la scena del giovane che cerca una strada per arrivare appunto alla regia e ha un incontro confronto con il regista Antonio Capuano in una Napoli notturna intima e drammatica, ma sempre madre, nonostante tutto, nel suo abbracciare le speranze e i dolori di Fabio.

Napoli e la sua energia sono presenti comunque, filtrate dagli occhi del protagonista, che per quanto si presenti come fondamentalmente un intellettuale in formazione, a tratti insicuro e introverso, trova in se e incontra, comunque, la vitalità e i colori che sono la spina dorsale e il tratto costitutivo di una Napoletanità, forse borghese ma autentica, pulsante, viva.

A mio parere, il miglior film di Paolo Sorrentino, che sceglie di fare un film senza avere l’ansia di dimostrare nulla e proprio per questo motivo fa Cinema con un anima e non solo un opera di grandissima fattura, la chiave è tutta qui…come dice Capuano “La tieni una cosa da dire?...E Dimmella!” . Ecco, qui Sorrentino aveva davvero qualcosa da dire, di vero, di personale, di autentico.

Se avete la possibilità, non perdete la chance di immergervi ne “E’ stata la mano di Dio” e non preoccupatevi (o illudetevi), il grande Maradona non è certamente protagonista, anche se…”la mano di Dio”, il destino, forse ci ha aiutato a non perdere un grandissimo artista prima del tempo…ma per capire il perché, beh…non vi resta che guardare il film ancora presente sulla piattaforma Netflix

Potete guardare il Trailer qui

 

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Chi sono
Words and Dreams

L'humour, les mots j'en fais mon affaire...La langue de bois, je ne connais pas. Fatiguée d'être censurée, j'ai décidé de faire profiter, à ceux d'entre vous qui n'ont pas peur des mots, à ceux qui sont capables d'aller au-delà d'un paragraphe de lecture, de mes pensées, de mes élucubrations.
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